“Smart Way – La Rotta dei Fenici nell’area EUSAIR”
Network di Musei/Siti Archeologici

Nella Regione Adriatico-Ionica, la Rotta dei Fenici sta sviluppando la sua strategia di branding in linea con la strategia di branding globale dell’UE per la Macro-Regione Adriatico-Ionica (EUSAIR). Il brand così sviluppato contribuirà ad incrementare la competitività dell’Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa e a sviluppare nuovi prodotti e servizi.

Obiettivi specifici

  • Costruire un “brand” Adriatico-Ionico collegato a un prodotto turistico culturale basato sull’identità che si intende creare;
  • Diversificare e collegare i settori marittimo e nautico con le economie dell’entroterra costiero e avviare la progettazione di sistemi di connessione da realizzare tra le varie realtà (costa-entroterra) attraverso accordi con società private;
  • Promuovere nuovi itinerari turistici per segmenti di turismo lento (bici, trekking, a vela, ecc.;
  • Valorizzare il patrimonio culturale della zona Adriatica e Ionica collaborando con il settore culturale;
  • Migliorare l’accessibilità a prodotti e servizi turistici per gruppi senior, con disabilità, gruppi a basso reddito, ecc.

Tra le attività è stata creata una Rete di musei e aree archeologiche in Croazia, Grecia e Italia che si collegano ai temi sviluppati dall’Itinerario:

Croazia

Il Museo Archeologico di Zagabria è il successore diretto dell’ex Museo Nazionale, la più antica istituzione museale della capitale croata, fondato nel 1836. Fin dalla sua fondazione, il Museo ha attraversato varie fasi di sviluppo organizzativo. Il Dipartimento Archeologico viene dichiarato come istituzione indipendente all’interno del Museo Nazionale nel 1878. Questo dipartimento divenne successivamente un museo indipendente nel 1939 quando il Museo Nazionale cessò di esistere nella sua forma precedente. Dal 1945 il Museo è situato nella dimora Vranyczany-Hafner in 19 Zrinski Square, dove potete trovarlo ancora oggi.

Fin dall’inizio, il Museo ha acquisito oggetti e collezioni archeologiche da privati e antiquari, ma già nel 1880, i suoi curatori iniziarono scavi archeologici sistematici in tutta la Croazia, che hanno consentito di acquisire abbondanti quantità di reperti archeologici e dati preziosi per analizzare molteplici aspetti della vita quotidiana dall’età preistorica al periodo medievale. Ancora oggi, gli scavi sul campo rimangono la principale fonte di nuove acquisizioni. Le attività museali più recenti in questo campo comprendono scavi sistematici, attività di conservazione e valorizzazione (sotto forma di parchi archeologici) di complessi architettonici urbani romani a Ščitarjevo, vicino Zagabria (Andautonia) e Varaždinske Toplice (Aquae Iasae), nonché numerosi progetti di ricerca presso vari siti, principalmente nella parte continentale della Croazia.

Le preziose collezioni del Museo sono oggi composte da circa 450.000 oggetti suddivisi in cinque diverse collezioni (collezione numismatica, egizia, preistorica, greca e romana e medievale).
Tra questi vi sono alcuni manufatti di straordinario valore come:

• il Libro etrusco in lino della “Mummia di Zagabria”
• il ritratto romano della ragazza di Salona (presumibilmente la principessa Plautilla)
• la colomba eneolitica di Vučedol
• lo Psephisma di Lumbarda che commemora la creazione di una colonia greca sull’isola di Korčula
• la prima iscrizione datata di un sovrano slavo, l’iscrizione di Branimir dell’888 d.C.

Indirizzo: 19 Nikola Subic Zrinski Square, P.O. Box 13, 10000 Zagabria, Croazia
Tel: +385 (0) 1 4873 000
e-mail: amz@amz.hr
web: www.amz.hr

La collezione archeologica di Issa è ospitata nel forte costruito durante il dominio austriaco sulla Dalmazia. Il forte si chiama “Our Lady’s Battery” ed è situato al centro dell’ampia baia di Vis in posizione dominante rispetto agli edifici circostanti. Fu costruito all’inizio del XIX secolo e svolse un ruolo importante nella Battaglia di Vis del 1866 quando le navi italiane entrarono nella baia, tentando senza successo di conquistare l’isola. È circondato da una fossa profonda, conserva le feritoie nelle pareti e al centro della fortezza c’è un ampio cortile. Oggi ospita una collezione di archeologica subacquea, etnografica ed ellenistica.

Indirizzo: Zrinsko – Frankopanska 25, 21000 Spalato, Croazia
Tel: +385 021 / 329-340
e-mail: info@armus.hr
Web: http://mdc.hr/split-arheoloski/index.html

Grecia

È l’edificio più grande della Grecia settentrionale, completamente restaurato, ospita un grande numero di affreschi, dipinti a soffitto, sculture in legno, nonché reperti archeologici. Vanta oltre 5.000 visitatori annuali.

Nel Museo di Xanthi il visitatore può scoprire gli elementi e le peculiarità dell’area che hanno contribuito alla formazione della sua storia moderna. La simmetria architettonica e la decorazione esterna dell’edificio, così come i soffitti intagliati in legno, gli affreschi e le pitture parietali lo rendono un autentico gioiello.
Qui vengono presentati elementi della vita pubblica e privata, della vita sociale, economica e religiosa della città e della campagna dei primi anni del XX secolo.
Le mostre al piano terra e nel piano rimandano alla storia della Tracia, alla storia moderna della città e alla vita della borghesia dominante.
Nel piano interrato inoltre vi è una sezione dedicata alla vita agricola e zootecnica di Xanthi. Vi è anche una sezione tematica dedicata al tema “L’imprenditorialità a Xanthi all’inizio del XX secolo – Professionisti – Classe dei lavoratori”. Infine, nel cortile, ci sono l’Hammam e la Chiesa dei Santi Pericoli.
Il Museo del folklore e storico di Xanthi, che è gestito interamente dalla FEX, ha aperto le sue porte al pubblico nel 1975.

Il Museo offre anche tutta una serie di programmi educativi, risultato della collaborazione con educatori, museologi e artisti.

Indirizzo: Antika 7, Xanthi 671 00, Grecia
Tel: +30 2541 025421
e-mail: fexanthis@gmail.com
Web: https://fex.org.gr/

Il Museo Archeologico di Abdera nella città di Avdira, in Grecia, ospita reperti archeologici rinvenuti in città che risalgono al VII secolo a.C. circa fino al XIII secolo d.C.

Il museo è stato istituito nel gennaio 2000 e l’edificio è stato progettato dagli architetti Y. Polychromous e N. Filippidis della Direzione Museale del Ministero della Cultura ellenico.

Il percorso comprende oggetti trovati nell’antica città e nelle necropoli e copre il periodo dal VII secolo a.C. fino al XII secolo d.C. Il suo scopo principale è quello educativo. Illustra principalmente la vita quotidiane degli antichi abitanti di Avdira attraverso oggetti usati dalla gente comune nelle proprie occupazioni quotidiane. La mostra è strutturata tematicamente. Ogni sezione include elementi di tutti i periodi della vita della città disposti secondo il loro uso. In questo modo viene presentata l’evoluzione della città, i cambiamenti graduali nella vita dei residenti e il metodo di costruzione degli oggetti. Testi illustrativi, fotografie, disegni, mappe e diagrammi forniscono ulteriori informazioni al visitatore. Gli scavi nell’antica Avdira iniziarono nel 1950. I reperti inizialmente furono ospitati nel Museo di Kavala. Dal 1973 (quando la Prefettura di Xanthi fu incorporata nelle Antichità Preistoriche e Classiche, di Komotini) venne ospitata nel Museo di Komotini. Nel 1976 il Ministero della Cultura ha iniziato la costruzione del Museo di Avdira. I lavori iniziarono nel 1989 e terminarono nel 1992. L’inaugurazione ufficiale avvenne nel 1993.

Indirizzo: L. Lazaridi Str. 2, Avdira 67061, Grecia
Tel: +30 2541051003
e-mail: protocol@ithepka.culture.gr
web: www.emtgreece.com/en/museums/archaeological-museum-of-avdira

Italia

Il Museo della Marineria di Cesenatico è decisamente un museo particolare, poiché è l’unico in Italia (e tra i pochissimi nel mondo) che alle raccolte esposte dentro ad un padiglione che ne costituisce la Sezione a Terra, affianca una Sezione Galleggiante con ben undici barche tradizionali dell’Adriatico collocate in acqua, complete delle loro vele colorate che in estate vengono issate giornalmente, delle quali tre sono mantenute naviganti per conservare e tramandare anche il patrimonio intangibile delle antiche pratiche di navigazione. Ma soprattutto, il Museo della Marineria di Cesenatico è un museo speciale e tutto da scoprire per il suo rapporto inscindibile con l’antico Porto Canale disegnato da Leonardo da Vinci, con il centro storico caratterizzato dai luoghi della conservazione e vendita del pesce e dalle case dei pescatori, con le numerose barche tradizionali private il cui restauro è stato incoraggiato dall’esempio del museo e dall’ormeggio gratuito concesso dal Comune. In definitiva, un museo che è lo specchio nel quale una intera comunità vede riflessa e narrata a tutti la sua più autentica storia e identità.

Indirizzo: via Armellini, 18 – 47042 Cesenatico (FC) – Italia
Tel: +39 0547 79205
e-mail: museomarineria@cesenatico.it
Web: www.museomarineria.eu

Il museo archeologico di Torre di Palme, dal 15 aprile 2019, impreziosisce il già ricco percorso museale fermano.
Vi si accede dal Piazzale della Rocca, punto principale di ingresso al grazioso borgo.

Allestito all’interno di un elegante palazzo in stile neoguelfo risalente al secondo dopo guerra, si snoda in tre stanze in cui sono esposti i corredi funerari di tre delle venti tombe rinvenute in contrada Cugnolo, nel versante sud del borgo.
Il museo, che in futuro si arricchirà di altre sale, testimonia l’importanza dell’abitato piceno e gli usi e costumi di questa importante popolazione che abitò la zona fermana prima della colonizzazione romana avvenuta nel 264 a.C.
I reperti esposti sono riferiti agli scavi svolti nel 2016 e 2017 dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche con il sostegno della Edison E&P Spa. La realizzazione del museo è stata fortemente voluta dal Comune di Fermo.

Nella prima sala, dove hanno sede anche il punto informativo e la biglietteria, è esposta la tomba più antica della necropoli, risalente all’età del bronzo (IX-VII secolo a.C.), di un giovane, di età compresa tra i 17 e i 21 anni, sepolto con il suo piccolo corredo: un pugnale in lega di rame e un manufatto in selce.
La seconda sala, la più grande, ospita la ricostruzione fedele di una tomba appartenuta ad una donna di circa 40 anni, vissuta nel VI secolo a.C., che doveva rivestire un ruolo di grandissimo prestigio all’interno della comunità. La tomba è, infatti, la più ricca fra quelle rinvenute negli scavi e si caratterizza per una notevole abbondanza del corredo e per la presenza, sul bacino, del tipico anellone piceno in bronzo a quattro nodi, oggetto di funzione non chiara ma tipico delle sepolture di donne di rango nel territorio piceno meridionale, forse legato a un simbolismo religioso. L’immagine della defunta che emerge dallo studio è quella di una donna eminente nella comunità palmense, che poteva organizzare e partecipare ai banchetti e che possedeva probabilmente dei telai e, quindi, poteva controllare economicamente l’attività di produzione e commercializzazione dei tessuti e dei prodotti della lana.
La terza sala è dedicata ai resti di una tomba infantile databile al VI secolo a.C., probabilmente di sesso femminile, come si può ipotizzare dalla ciprea (valva di conchiglia) e dal pendaglio con i cavallini tipici delle sepolture femminili, con funzione, probabilmente, di amuleti.

Numerosi i reperti in ambra, resina fossile di alcune specie di conifere preistoriche. Sebbene dei piccoli giacimenti siano noti anche in Italia, la maggior parte dell’ambra usata nel mondo antico proviene dalle coste del Mar Baltico, importata lungo quella che viene chiamata Via dell’Ambra, immettendosi sulle rotte commerciali del Mediterraneo. Il Piceno è il territorio italiano nel quale è stato rinvenuto il maggiore numero di preziosi reperti in ambra, particolarmente apprezzati nel VI e nel V secolo a.C.

Nella necropoli di Torre di Palme le ambre sono presenti in sette tombe femminili e in quella di un bambino. La tomba della donna della seconda sala, spicca per la quantità del tutto eccezionale di monili di questo materiale. La defunta era letteralmente ricoperta di gioielli e vesti impreziosite dall’ambra: al collo portava una grande collana a più giri di elementi a forma di bulla, grandi nuclei di ambra decoravano alcune ricche fibule da parata, bottoni ed elementi a losanga ornavano invece una cinta di stoffa. L’abito era ricamato con perle di ambra di varie forme e dimensioni, mentre una stola era bordata da una frangia di pendenti di ambra a goccia.
Questi rinvenimenti aprono un panorama nuovo sull’antichità della presenza di comunità umane a Torre di Palme e rappresentano una scoperta importante anche per l’intero ambito regionale, con inaspettati contatti culturali verso tutta la penisola italiana.

Indirizzo: Pinacoteca civica – Piazza del Popolo, 5 – Fermo (FM)
Tel: +39 0734 217140 / 0734 284327
e-mail: fermo@sistemamuseo.itmuseidifermo@comune.fermo.it
web: www.sistemamuseo.it

Poco distanti da Piazza del Popolo, le Cisterne Romane si aprono con ingresso su via degli Aceti, ripida e suggestiva viuzza del centro storico, con una caratteristica pavimentazione in laterizio.

L’ampio complesso sotterraneo delle grandi cisterne romane, databile alla fine del I sec. a.C. ed unico in Italia per estensione in metri quadri, è composto da 30 stanze intercomunicanti, disposte su tre file parallele. Faceva parte di un complesso impianto ed articolato acquedotto che sfruttava l’acqua sorgiva per distribuirla in tutta la città. L’imponenza e l’ottimo stato di conservazione aggiungono fascino ad un viaggio sotterraneo attraverso le tecniche edilizie e l’ingegneria idraulica romana. Al suo interno possiamo osservare le tracce del calcestruzzo impermeabile, il rivestimento in mattoni delle mura divisorie, le impronte delle tavole utilizzate per realizzare la copertura delle singole stanze, i canaletti di pulizia, i pozzetti di areazione, i tubi di alimentazione e quelli di uscita.

Indirizzo: Pinacoteca civica – Piazza del Popolo, 5 – Fermo (FM)
Tel: +39 0734 217140 / 0734 284327
e-mail: fermo@sistemamuseo.itmuseidifermo@comune.fermo.it
web: www.sistemamuseo.it

Il sito di Canne della Battaglia, la cui memoria è legata al celebre scontro fra Romani e Cartaginesi del 216 a.C., sorge su una collina lungo la valle del Basso Ofanto. L’Antiquarium, posto ai piedi della cittadella fortificata, e il Parco Archeologico, con i resti dell’antico insediamento daunio e le strutture di epoca romana, paleocristiana e medievale, offrono oggi ai visitatori un percorso articolato e affascinante.

Frequentata fin dal neolitico (V millennio a.C.), nell’area si insediarono, nell’Età del Bronzo Medio, nuclei di capanne in corrispondenza dei terrazzi che consentivano il controllo del fiume Ofanto. A partire dal VI sec. a.C. sui rilievi si sviluppò l’abitato dauno, con continuità abitativa fino al III secolo a.C.
La collina principale, il “monte di Canne”, fu occupata con continuità nel periodo tardoantico e medievale: qui, dopo la distruzione di Canosa nell’872, fu istituita la sede vescovile, affidata nel 1100 a S. Ruggero, le cui spoglie furono conservate nella Basilica.
Nel 1083 fu conquistata e parzialmente distrutta da Roberto il Guiscardo. Nel 1303 Carlo II d’Angiò annetteva il territorio di Canne a quello di Barletta. Sul finire del medioevo il sito andò incontro ad un graduale abbandono.

L’Antiquarium accoglie l’esposizione museale, che si svolge su un unico piano, oltre agli spazi destinati agli uffici. Le ampie vetrate favoriscono il raccordo con le testimonianze archeologiche e con lo scenario naturalistico incontaminato.
Il piccolo edificio fu realizzato nel 1958 per accogliere i reperti provenienti dagli scavi condotti nell’area illustrando, con l’utilizzo di plastici e di pannelli, le manovre tattiche messe in campo da Annibale e lo schieramento degli eserciti, durante la battaglia del 216 a.C.
Nel 1999 l’allestimento veniva rinnovato nel rispetto delle nuove esigenze didattiche, presentando la storia del popolamento nella zona, dal neolitico all’organizzazione degli insediamenti indigeni, fino alle vicende di epoca medievale.
Il percorso espositivo attuale è stato inaugurato nel 2017, arricchito dalla sala multimediale e da spazi dedicati alla didattica.

Con il nuovo allestimento, inaugurato il 2 Agosto 2017, l’Antiquarium documenta la lunga continuità di vita di Canne dalla Preistoria al Medioevo.
Il percorso espositivo segue un ordine cronologico e tematico, illustrando con reperti e citazioni delle numerose fonti, l’evoluzione storica del sito e l’interazione con l’ambiente geografico dell’area dell’Ofanto. Gli apparati didattici, la veste grafica e i supporti multimediali rendono la visita molto coinvolgente.
Particolare rilievo viene dato al racconto della storica battaglia della seconda guerra punica del 216 a.C. Il racconto della battaglia, accuratamente documentato, viene proposto nella sala multimediale con un video ricostruttivo visibile anche in 3D ed anche con informazioni sulle fonti storiche, la manovra tattica ed i protagonisti, contenute nei leggii multimediali interattivi.
La visita al Parco Archeologico si articola in due itinerari: il primo porta alla collina principale, dove era l’arx delle fonti latine e l’abitato medievale, con il castello e la basilica. Il secondo itinerario conduce alla basilica paleocristiana, all’area delle abitazioni daune con le tombe a grotticella, e quindi alla fornace e al sepolcreto medievale.

Indirizzo: Strada Provinciale n. 142 Barletta-Canosa di Puglia 76121 Barletta (BA)
Tel: +39 088 3510993
e-mail: pm-pug.museocannedellabattaglia@beniculturali.it
Web: www.musei.puglia.beniculturali.it

L’abitato di Monte Sannace (probabilmente l’antica Thuriae delle fonti letterarie), acquisito al demanio dello Stato, rappresenta l’esempio meglio conservato e conosciuto di città dell’antica Peucezia, regione storica corrispondente all’attuale provincia di Bari, inserita nel quadro culturale della Magna Grecia.

Dopo una frequentazione in età neolitica, sulla collina di Monte Sannace, a partire dall’VIII secolo a.C., è documentato un insediamento stabile, che perdura, con brevi interruzioni, fino al periodo romano (I secolo a.C.). Le strutture attualmente visibili sul posto si riferiscono per lo più alla fase edilizia meglio attestata e di maggiore ricchezza dell’abitato, il periodo tra il VI e il III secolo a.C., durante il quale si realizza la graduale trasformazione dell’insediamento da villaggio di capanne a esteso centro urbano fortificato.

All’interno del parco archeologico di Monte Sannace, sito statale del Polo museale della Puglia, il percorso di visita prevede due itinerari: uno archeologico e l’altro naturalistico. Nel primo caso viene offerta al visitatore la possibilità di osservare la configurazione topografica e le caratteristiche strutturali della città antica; nel secondo, di apprezzare le qualità naturalistico-ambientali e di architettura rurale (trulli, masseria, specchia, ecc.) del luogo nel suo complesso e di raggiungere punti di osservazione di particolare interesse paesaggistico.

Indirizzo: Strada Provinciale n° 61 Gioia-Turi Km 4,5 70023 Gioia del Colle (BA)
Tel: +39 080 3483052
e-mail: pm-pug.parcomontesannace@beniculturali.it
Web: www.musei.puglia.beniculturali.it

Vigilando sulla città più orientale d’Italia, il Castello di Otranto è un’affascinante fortezza che guarda verso est, in memoria degli antichi attacchi saraceni.

Il Castello Aragonese, ex roccaforte difensiva di Otranto, è ora un faro di cultura e conoscenza, che ospita mostre ed eventi internazionali.
Dopo essere stata danneggiata nel 1067 durante un assedio, la fortezza fu riparata e modificata. Ma soltanto dopo lo storico attacco saraceno del 1480 la struttura difensiva venne rinforzata e dotata di un sistema di torri con cannone.

Vagando tra le imponenti mura, potrete apprezzare i vari dettagli architettonici, come le torri (Alfonsina, Duchessa e Ippolita), il Bastione Punta di Diamante (Punta del diamante) e la Sala Triangolare. Questa sala triangolare è stata creata utilizzando tecniche difensive innovative ed è considerato uno dei più importanti esempi di architettura militare di quel tempo.

Nelle sale del piano terra è possibile ripercorrere la storia di Otranto e dei suoi monumenti.
All’interno del meraviglioso museo archeologico, vi è una mostra permanente dal titolo “I luoghi della preistoria. Porto Badisco e la Grotta dei Cervi”, che proietta il visitatore nella sensazionale scoperta della grotta di Badisco, avvenuta nel febbraio 1970. Inoltre è possibile visitare la Deer Cave, un sito paleolitico grazie ai mezzi della realtà virtuale e dei film 3D. Circa 250 reperti sono esposti lungo il percorso.

Indirizzo: Piazza Castello, 73028 Otranto (LE)
Tel: +39 0836 210094
e-mail: castelloaragoneseotranto@gmail.com
Web: www.comune.otranto.le.it

Dal Portogallo alla California fino alle gelide acque dell’Alaska i pescatori originari dell’isola di Marèttimo hanno saputo da sempre praticare larte del pescare. Oggi nel Museo del Mare delle Attività e Tradizioni Marinare e dell’Emigrazione gestito dall’Associazione CSRT “Marettimo”, sono custodite queste memorie.

E’ un museo piccolo, ma ricco di storia. La storia è raccontata dagli attrezzi che vi sono esposti, ormai in gran parte in disuso, che custodiscono tutta “l’arte del pescare” di questa gente di mare. Le foto, gli articoli, le pubblicazioni e i documentari fanno il resto: quel poco che serve per raccontare l’epopea di chi tra la fine del 1800 e i primi del 1900, cominciò ad emigrare per “terre assai luntane” come tanti fecero da tutta l’Italia e soprattutto dal meridione.

La gente di Marèttimo non ha fatto altro che seguire la rotta del pesce e quindi cominciò dapprima a spostarsi – anche a remi o a vela – nel Nord Africa (Biserta, Tripoli, Bengasi, Tunisi, Bona, Sfax furono le mete preferite), in Portogallo (Lisbona, Porto, Matosinhos, Lagos, Olhao) dove continuarono ad essere “mastri” nell’arte della salagione del pesce azzurro e successivamente in America. Per il nuovo continente, dove si insediarono più numerosi, frequentemente si imbarcavano clandestinamente su grossi bastimenti a vela e durante la traversata avevano modo di mostrare la loro perizia di naviganti, aiutando in coperta l’equipaggio. Sbarcavano nei pressi di New York, a Ellis Island, dove per qualche mese si adattavano a fare qualsiasi lavoro. Alcuni proseguirono per Milwaukee vicino Chicago e lavorarono a scaricare carbone, legna, travi dei binari dai vagoni dei treni merce, con l’obiettivo di mettere qualche dollaro da parte per acquistare una barca e riprendere l’attività di pescatore in California, da dove giungeva voce che la comunità proveniente dal palermitano stava pescando tonnellate di pesce azzurro.

La specificità dei pescatori risiede nel fatto che ancora adesso praticano esclusivamente l’attività con attrezzi artigianali, così come sono formalmente definiti dalla normativa di settore. Piccole reti da posta, “mbardate”, il tremaglio, le nasse in giunco e rami di olivastro o lentisco, o il “tartarune” che vengono quotidianamente tenute in ordine dai pescatori che riparano le reti così come hanno appreso dai loro genitori. Tuttavia alcune tecniche sono state abbandonate, perché non più convenienti e superate anche dall’avanzamento tecnologico. Con il museo si stanno inventariando tutti gli strumenti un tempo utilizzati, dando la possibilità al visitatore di apprezzare e condividere le capacità, gli sforzi, la tenacia di questi pescatori. Il museo quindi non è solo un semplice contenitore di “cultura”, ma anche luogo di memoria storica condivisa della comunità.

Indirizzo: Via Campi, 11 – 91023 Marettimo (TP)
Tel: +39 0923 923000
e-mail: acsrtmarettimo@libero.it
web: www.isoladimarettimo.com

Mozia è un sito archeologico straordinario nella Sicilia occidentale, tra le città di Trapani e Marsala. Si tratta di un’isola, l’isola di San Pantaleo, situata in una posizione suggestiva in una laguna poco profonda fiancheggiata da saline e mulini a vento che sono caratteristici di questa costa.

Mozia, chiamata anche Mothia o Motya e altre varianti del nome originale fenicio dell’antica città, era un’importante colonia di Cartagine, la città fondata dai Fenici nel Nord Africa. I Cartaginesi furono cruciali nella storia antica della Sicilia, costruendo, conquistando e perdendo insediamenti, generalmente combattendo con le varie città greche in Sicilia. Tuttavia, è abbastanza raro ed emozionante vedere così vaste rovine cartaginesi in Italia e così tante evidenze della cultura fenicia.

Venne distrutta dai Greci di Siracusa (moderna Siracusa) nel IV secolo a.C., dopo di che gli abitanti sopravvissuti svilupparono un nuovo sito cittadino sulla costa siciliana nelle vicinanze, su un promontorio che era maggiormente difendibile. La nuova città si chiamava Lilybaeum e divenne la moderna città di Marsala. Nel frattempo le acque intorno a Mozia, riparate dal mare da isole più lunghe, si insinuavano in una specie di laguna poco profonda. Un certo numero di antichi relitti sono stati trovati nelle vicinanze, tra cui navi da guerra fenicie (puniche) che probabilmente stavano fuggendo dopo la sconfitta nella battaglia navale delle Isole Egadi nel 241 a.C. Uno di questi relitti è esposto nel museo archeologico di Marsala.

Un tempo vi era una fiorente industria di estrazione del sale lungo la costa continentale, ma la storia dell’isola, ora chiamata San Pantaleo, era quasi dimenticata quando un esportatore inglese di vino Marsala, Joseph Whitaker, acquistò la terra nel 1902 e iniziò a scavare. Fu l’entusiasmo di Whitaker che portò alla riscoperta del passato di Mozia e il museo sull’isola, che porta il suo nome, è ancora gestito dalla Fondazione Giuseppe Whitaker.

Il museo su Mozia è un ottimo punto di partenza per il tour dell’isola. Alcuni vetrine del museo espongono la collezione di Joseph Whitaker: piccoli ex voto, lampade e altri pezzi, evocando le immagini di quel degno gentiluomo seduto a ordinare attentamente e ammirare i suoi tesori. I punti salienti del museo includono maschere in terracotta e stele funerarie. Il più grande tesoro del museo è una statua in marmo, il cosiddetto ‘Giovanetto di Mozia’, noto anche come Charioteer. Si tratta di un’opera greca risalente al V secolo a.C. ed è un vero e proprio capolavoro.

Indirizzo: Isola di Mozia (San Pantaleo) – 91025 Marsala (TP)
Tel: +39 0923 712598
e-mail: fondazionegwhitaker@virgilio.it
Web: www.fondazionewhitaker.it

Il Museo Regionale di Palazzo D’Aumale nasce nell’aprile 2001 da un accordo stipulato tra la Regione Sicilia e il Comune di Terrasini.

Il Museo ha un cospicuo patrimonio costituito dalle collezioni etnografiche e naturalistiche acquisite dal tempo, oltre che da reperti archeologici subacquei e terrestri recuperati durante le campagne di scavi sul territorio. È quindi un museo multidisciplinare diviso in tre sezioni tecniche: archeologico, etnoantropologico, naturalistico, quest’ultimo comprendente un settore geo-paleontologico.

Il Museo ha tra i suoi obiettivi principali quello della promozione culturale da attuare attraverso la valorizzazione, la diffusione e l’uso dei suoi beni. Per raggiungere questi obiettivi, sono state avviate una serie di attività riguardanti:

– la conservazione dei reperti, attraverso una prima riorganizzazione delle collezioni;
– attività didattica, attraverso la realizzazione della prima fase del progetto “Scuola-Museo”; destinato a favorire la comunicazione tra il mondo scolastico e il mondo della cultura;
– allestimento di un itinerario museografico tra le varie sezioni tecniche e la realizzazione di mostre tematiche temporanee;
– la diffusione, attraverso la produzione di DVD, di vari temi (la cantieristica tradizionale, il carretto siciliano, i simboli dell’arte popolare) e pubblicazioni di materiale informativo sulle attività del Museo (Opuscoli relativi alle mostre, relative alle collezioni, riguardanti Palazzo d’Aumale, la costruzione navale).

Indirizzo: Lungomare Peppino Impastato, 90049 Terrasini (PA)
Tel: +39 091 8810989
e-mail: museo.arte.riso@regione.sicilia.it
web: www.museoartecontemporanea.it/museo_dAumale

l Baglio Di Stefano ospita nella casa baronale il “Museo delle Trame Mediterranee”, istituito nel 1996 e che raccoglie nelle sue sale costumi, gioielli, tessuti d’arte, ceramiche e oggetti d’arte di popoli e
culture dell’area mediterranea: Sicilia, Egitto, Tunisia, Palestina, Albania, Marocco e tutte le nazioni comprese nel bacino.

Il museo/officina è l’approdo di anni di ricerche, incontri, dibattiti, studi e seminari promossi dalla Fondazione Orestiadi,
ma è tuttora un’idea guida, un’idea limite, la cui forza risiede nel suo
carattere transnazionale e interdisciplinare
La situazione attuale, caratterizzata da profonde migrazioni, presenta caratteristiche simili; la Sicilia e l’Italia possono tornare ad essere un luogo di incontri, di passaggio di popoli, di sedimentazione di elementi provenienti da culture diverse rispetto alla nostra.
Inoltre, quali elementi artistici hanno avuto le persone, che hanno o possono avere se, pur essendo bagnate dallo stesso mare, sembrano culturalmente diverse? In questo museo si è cercato, attraverso il confronto tra oggetti d’arte realizzati in questi luoghi, le caratteristiche che uniscono queste persone, gli elementi comuni più delle differenze, in un momento storico in cui l’Occidente sembra rifiutare i contributi e la comprensione del Medio Oriente o del Nord Africa.

Achille Bonito Oliva scrive:
“Il Museo delle trame mediterranee a Gibellina rappresenta un’interpretazione corretta e aperta della storia mediterranea che scorre dalla Spagna, dalla Francia attraverso l’Italia e fino ai paesi arabi. Questo museo presenta insieme tracce di alta cultura e altre di cultura materiale, a metà strada tra l’immaginazione individuale e la vita collettiva quotidiana … lo spazio di fronte alle Case Di Stefano diventa un contenitore di segni di un’antropologia culturale al di fuori di ogni logica e logica egemonica di supremazia dell’ovest sull’est o del nord sul sud”.

Indirizzo: Fondazione – Istituto di Alta Cultura Orestiadi Onlus Baglio Di Stefano, 91024 – Gibellina (TP)
Tel: +39 0924 67844
e-mail: info@orestiadi.it
Web: www.fondazioneorestiadi.it/museo/

Il sito archeologico delle Cave di Cusa costituisce un unicum nel panorama archeologico del Mediterraneo ed è testimonianza dell’antica civiltà greco-megalese del VII secolo a.C.

La storia di queste antiche cave di pietra calcarenitica è infatti indissolubilmente legata al tragico destino della vicina città-stato di Selinunte, nella quale i grossi blocchi di tufo arenario estratti nelle Cave di Cusa furono utilizzati per costruire i templi selinuntini, notevole esempio dell’antico ordine architettonico dorico.

Le Cave di Cusa si presentano ancora oggi come delle cave a cielo aperto, totalmente immerse nel verde di colture intensive. La presenza di enormi blocchi di pietra già segnati e intagliati per diventare parte di colonne e architravi, suggeriscono ai visitatori l’intero iter lavorativo che, secoli fa, impegnava schiavi e artigiani in un duro lavoro di estrazione e trasporto.

Ecco una breve descrizione del processo:

– un cerchio di un diametro specifico veniva tracciato sopra la massa di pietra.
– i lavoratori iniziavano a scalpellare verso il basso attorno alla circonferenza fino a raggiungere una profondità di circa 2,5 m (l’altezza delle sezioni delle colonne variava). Si otteneva così un cilindro perfetto circondato da una fessura nella pietra di circa 45-60 cm di larghezza.
– usando strumenti di metallo, la base del cilindro veniva tolta dalla pietra madre sottostante.
– la sezione della colonna era così pronta per essere portata in cantiere (trainata da buoi) dove sarebbe stata raffinata, regolata, abbellita e issata in posizione.

Indirizzo: Via Ugo Bassi, 37 – 91021 Campobello di Mazara (TP)
Tel: +39 0924 46277
e-mail: parco.archeo.selinunte@regione.sicilia.it
Web: http://selinunte.gov.it/

Selinunte viene fondata dai Megaresi di Sicilia nella seconda metà del VII secolo a.C. in prossimità di due porti-canali, oggi insabbiati, estremamente versatili per l’impianto di intensi commerci marittimi. Grazie alla sua posizione geografica, gli abitanti raggiunsero una grande floridezza economica che ha pochi confronti nel mondo greco e siceliota/magno greco. Costruirono una città dalle dimensioni grandiose, con numerosi edifici di culto e opere pubbliche di qualità. Coinvolta nel clima di ostilità tra Greci e Punici nel 409 a.C. perse il suo splendore urbano divenendo un importante centro commerciale punico.

Indirizzo: Piazzale Iole Bovio Marconi, 1 – Fraz. Marinella di Selinunte, 91022 Castelvetrano (TP)
Tel: +39 338 7853892
e-mail: parco.archeo.selinunte@regione.sicilia.it
Web: http://selinunte.gov.it/

La famiglia Grifeo commissionò il castello nel XIV secolo. A loro appartenne fino al 1890, anno in cui fu venduto alla famiglia Adragna di Trapani. Sebbene varie trasformazioni abbiano alterato l’aspetto originale, l’aspetto solenne di un’antica fortezza merlata rimane con tre grandi ali disposte attorno a un ampio cortile. Il portale centrale interno del cortile dà accesso alla sala di accoglienza, nota anche come “Sala delle Armi” o “Sala del Trono”. Oggi gli arredi antichi per lo più non sono più presenti e lo spazio appartiene oggi al Museo Civico della Preistoria della Basso Belìce. La sala di rappresentanza conduce alle antiche scuderie del castello da cui è possibile visitare il giardino, le cantine e gli scantinati interamente scavati nella roccia.

Indirizzo: Castello Grifeo, Piazza Graffeo – 91028 Partanna (TP)
Tel: +39 0924 923571
Web: www.regione.sicilia.it/beniculturali/soprinTP

Il Museo Archeologico Palazzo Panitteri è situato nell’affascinante palazzo settecentesco che prende il nome dalla nobile famiglia sambucese Panitteri. Oggi è di proprietà del Comune e comprende un itinerario di visita suddiviso in due settori relativi al sito archeologico di Monte Adranone.

Il tour inizia con la visita della “Prima Stanza”, dove è possibile ammirare la classificazione topografica e il sito storico e archeologico, quindi nelle sale seguenti nelle vetrine del museo ci sono reperti provenienti dai vari settori del sito di Monte Adranone: su una collina a breve distanza da Sambuca di Sicilia, si possono ammirare le imponenti rovine di un centro, che visse tra l’VIII e il III secolo a.C. in un’area compresa tra l’area di influenza sicana e quella elimo-punica. Da queste diverse culture discende il complesso schema di questo sito che, per la sua posizione di rilievo, giocò anche un importante ruolo strategico sia nella fase più arcaica in relazione alla posizione di Selinuntia odòs, la strada che collega Selinunte con Akragas, e consentì la penetrazione della selinuntina anche in periodo ellenistico, quando divenne, senza dubbio, la pietra angolare di quel sistema di roccaforti costruito da Cartagine in difesa dei propri confini in Sicilia.

Indirizzo: Via Panitteri, 1, 92017 Sambuca di Sicilia (AG)
Tel: +39 0925 940239 – +39 0922 552516
e-mail: comune@comunesambucadisicilia.ag.it – urpsopriag@regione.sicilia.it
Web: www.museoarcheologicopalazzopanitteri.it

L’area archeologica di Agrigento, conosciuta come Valle dei Templi, si trova lungo la costa meridionale della Sicilia e copre il territorio dell’antica polis, dalla Rupe Atenea all’acropoli, dai templi dorici sulla collina sacra alla necropoli fuori le mura.

Gli straordinari templi dorici testimoniano la grandezza e la supremazia di Agrigento, fondata dai greci nel VI secolo a.C. e divenuta una delle città più importanti del Mediterraneo, per gli scambi commerciali ma anche per la vita culturale. Nella città nacque nel 495 a.C. il filosofo Empedocle.
La storia di Agrigento dopo l’assoggettamento ai Cartaginesi nel 406 a.C. vede una rinascita con la conquista da parte dei Romani nel 210 a.C., ma anche il declino e lo spopolamento conseguenti al successivo indebolimento dell’Impero Romano. La città diventa prima araba (nell’829) e poi normanna (nel 1086) e mantiene il nome datole dagli ultimi dominatori, Girgenti, fino al 1927, quando riprende il nome classico di Agrigento.
A metà del Novecento alcune riprese aeree svelano l’antico impianto urbano che si estendeva in tutta l’area della collina meridionale ai piedi della rupe Atenea e che tuttora, in parte, giace sotto i campi e gli uliveti. Oggi il sito originario, splendidamente conservato, è un magnifico esempio dell’architettura greca e una testimonianza tra le più significative al mondo dell’architettura dorica.

Indirizzo: Casa Sanfilippo – Via Panoramica dei Templi, 92100 – Agrigento (AG) – Italy
Tel: +39 0922 1839996 – +39 0922621611
e-mail: parcodeitempli@regione.sicilia.it
Web: www.parcovalledeitempli.it

L’isola ha un patrimonio archeologico di inestimabile valore. La scoperta di siti importanti risale alla seconda metà del XIX secolo quando, sotto la direzione del Servizio per il patrimonio archeologico della Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Trapani, diverse università italiane ed europee hanno avviato uno studio sistemico e continuo del patrimonio archeologico di Pantelleria.

Esistono quattro aree archeologiche principali:
– il villaggio preistorico di Mursia
– l’acropoli di San Marco
– il santuario punico-romano del lago di Venere
– l’insediamento tardo romano di Scauri.

Al di là della portata di tale patrimonio, vale la pena notare la sua peculiarità: la posizione geografica dell’isola rende Pantelleria un punto focale nelle rotte commerciali e negli eventi bellici delle antiche civiltà del Mediterraneo; inoltre, è difficile trovare un altro posto nel mondo in cui tutti possano camminare tra i resti delle città preistoriche ancora perfettamente conservate.

Lasciando da parte l’Acropoli di Cossyra, situata nella parte settentrionale dell’isola e quindi al di fuori dell’area del Parco, le altre aree ricordano epoche molto più lontane, come nel caso del villaggio di Mursía (1900 -1700 a.C.), situato nella costa nord-occidentale. Il suo eccezionale stato di conservazione consente di capire come fu costruito il villaggio: di fronte al mare, era delimitato da un possente muro e all’interno vi erano abitazioni arcaiche, simili a capanne; adiacente al villaggio fortificato si trova la necropoli, la città dei morti, con oltre cinquanta sési, tombe costruite in pietra a forma di cupola. Gli antichi abitanti vivevano di agricoltura e pastorizia, avevano molte affinità culturali con i vicini del Nord Africa, a causa dei loro intensi scambi commerciali: la popolazione basava il proprio sviluppo sull’esportazione di ossidiana e ceramiche importate dall’Egeo e oggetti egizi e dal sud-est del Mediterraneo.

Il sito archeologico del Lago di Venere, nella parte settentrionale dell’isola, comprende un grande santuario risalente all’epoca romana. Il tempio è in stile ionico, ma la sua struttura architettonica presenta elementi punici, dato che si insedia su una costruzione precedente. È costituito da una cella a pianta rettangolare, dove un tempo c’era una statua della divinità; di un’area di fronte alla cella, dove venivano eseguiti i riti sacrificali e da una grande scala che conduceva alla parte di fronte al tempio. Dal confronto con altri santuari dell’epoca nel Mar Mediterraneo, si presume che il santuario sia dedicato alla fertilità e all’acqua, quindi alla dea punica Tanit e successivamente alla dea latina Venere.

L’ultimo importante sito archeologico è l’insediamento tardo romano di Scauri, abitato già nel III secolo d.C., ma solo nel V secolo divenne uno dei massimi centri produttivi e commerciali del Mar Mediterraneo. Altri siti archeologici interessanti sono sparsi per l’isola e consistono in tombe scavate nella roccia, di forma irregolare o antropoide. Sono associati all’occupazione bizantina dell’isola e potrebbero essere tutti datati tra il VI e il IX secolo d.C.
Il più grande di questi cimiteri si trova in Contrada Zighidí e serviva il villaggio sottostante di Contrada Monastero. Ma le più impressionanti sono le tombe di Ghibbiúna. Le tombe sono scolpite nelle pietre di un piccolo promontorio racchiuso in una foresta di lecci. Un luogo silenzioso, quasi magico, in cui fare una pausa alla scoperta dei profumi portati dal vento.

Indirizzo: Piazzale Iole Bovio Marconi, 1 – Fraz. Marinella di Selinunte, 91022 Castelvetrano (TP)
Tel: +39 338 7853892
e-mail: parco.archeo.selinunte@regione.sicilia.it
Web: http://selinunte.gov.it/