Patrimonio scientifico e culturale

Per migliorare la qualità della vita quotidiana ed agevolare lo svolgimento delle attività commerciali i Fenici si distinsero anche per l’adozione di innovazioni tecniche e scientifiche, di cognizioni tecniche utili alle loro attività. Nel campo della navigazione ricorsero fra i primi all’ancora e si adoperarono per orientarsi anche di notte attraverso l’aiuto della Stella polare, detta per l’appunto dai Greci “Stella Fenicia “, e così poter affrontare il mare aperto più tranquillamente. Ma studiarono anche le marèe e le correnti, annotate forse in appositi giornali di bordo. Appresero tutti gli strumenti di calcolo che li potevano agevolare negli scambi. Fa eccezione in questo quadro solo la mancata introduzione della moneta negli scambi commerciali fino al V secolo nella madrepatria e nel IV secolo in Occidente.

Uno dei campi di grande innovazione è invece la scrittura, prima riservata all’uso dei principi e delle elite dominanti, agli scribi e alle esigenze del palazzo. Infatti, sebbene la scrittura fosse conosciuta già dall’Età del Bronzo Antico (3.500 a.C. ca) nel Vicino Oriente, (il cuneiforme), in Egitto con la scrittura geroglifica, nel mondo Miceneo e a Creta, dove si diffuse nel II millennio prima la lineare A e poi la lineare B, che trascriveva la prima forma della lingua greca, tuttavia l’impostazione sillabica o simbolica e la chiusura degli ambienti che le gestivano non ne consentirono una diffusione nella vita quotidiana. La rivoluzione semplificatrice nacque nelle aree del Levante, con un processo che inizia intorno al XVI secolo a.C. nelle aree a più stretto contatto con l’Egitto, del quale in quel periodo costituiva una provincia. Partendo dagli ideogrammi egiziani si elaborarono dei fonogrammi per cui ad ogni segno si fece corrispondere un unico suono. Dal Paleosinaitico e dal Paleocananaico si passò poi al Fenicio vero e proprio, intorno al XIII sec. a. C., anche se le epigrafi più antiche risalgono al X secolo. Dai Fenici la scrittura fu trasmessa anche ai Greci sempre in questo periodo, nel quale già si erano stabiliti rapporti commerciali fra le due Civiltà , in particolare con l’isola di Eubea. La scrittura alfabetica dei Fenici, composta di 22 segni, procedeva da destra verso sinistra unicamente consonantici: era cioè priva di vocali.

Furono i Fenici più di tremila anni fa, a detenere fino al primo millennio a.C. il monopolio del sale, risorsa indispensabile per la conservazione del pesce, della carne e per la concia delle pelli. Secondi alcuni studiosi furono proprio i Fenici ad inventare il metodo di produzione del sale, attraverso l’evaporazione dell’acqua marina fino alla creazione di cristalli di sale che è possibile raccogliere e raffinare. Sembra che abbiano tratto ispirazione osservando come il sale si depositava sugli scogli emergenti bagnati del mare. Compreso il processo hanno perfezionato l’idea elaborando il sistema delle vasche comunicanti utilizzato ancora ai giorni nostri. Le saline, forziere di questo tesoro, le troviamo un po’ ovunque nel Mediterraneo nei territori da loro abitati. In particolare in Sicilia, le Saline che si srotolano lente lungo la litoranea che da Trapani si allunga fino a Marsala, costeggiando mulini a vento e minuscoli arcipelaghi, sono oggi il segno evidente di un sistema produttivo che ha circa 3000 anni.

Anche nel campo della pesca i Fenici ci hanno lasciato in eredità una tradizione significativa: la pesca del tonno. Anche in questo caso l’ingegno fenicio ha sviluppato una pratica in uso per il sostentamento delle comunità costiere. La mattanza, successivamente migliorata dal punto di vista tecnico dagli Arabi (anche i termini sono tutti di tale origine), è un sistema di pesca che, attraverso l’opportuno posizionamento di enormi reti, costringe i tonni in migrazione a deviare il loro percorso all’interno di una trappola che si va man mano restringendo fino all’ultima stanza, chiamata la camera della morte. Una volta che questa è piena dei preziosi pesci, viene issata a bordo delle barche da tonnara.

Ma i Fenici erano soprattutto noti nell’antichità per la maestria nell’arte della tessitura ed in particolare nella colorazione delle stoffe, tanto che i Greci indicarono il popolo mediante il nome di uno dei loro prodotti più caratteristici, la porpora. Infatti i tessuti, tinti in un inimitabile rosso porpora, erano enormemente apprezzati, tanto da divenire quasi uno status symbol, sicuro indice di ricchezza e raffinatezza. Il colorante, il cui nome sembra derivare dal termine greco porphyra, è una sostanza organica ricavata dalla secrezione dei molluschi della famiglia purpuridae, appartenente al genere detto murex, reperibili in tutti i mari caldi. Estratta la parte molle della conchiglia (1,5 g. di colorante da 12 mila conchiglie), questa veniva spremuta e mescolata con acqua di mare. Ottenuta una sorta di poltiglia si esponeva al sole per tre giorni in maniera tale che il liquido si separasse dal resto. Quindi, il succo veniva fatto bollire con l’acqua per dieci giorni in vasi di piombo fintanto che risultasse ridotto almeno della metà. A questo punto, finalmente, si potevano immergere le stoffe di lino o di lana che successivamente venivano esposte all’aria per provocare l’ossidazione che avrebbe consentito di raggiungere la tinta rossastra. Ne scaturivano bellissime ed intense colorazioni che potevano assumere diverse tonalità: dal rosa al violetto più scuro, a seconda che i materiali trattati fossero drappi, vestiti o tappeti e tendaggi. Il procedimento emanava cattivo odore e per questo le vasche di lavorazione erano collocate ai margini dei centri urbani. Grandi ammassi di conchiglie sono stati rinvenuti anche di recente nei pressi di molte città fenicie.

Tiro, soprattutto, godeva della reputazione di città regina di questa attività, così testimonia Plinio: “La migliore porpora dell’Asia si trova a Tiro” (Nat. Hist., IX, 60, 127). Strabone, che visitò la città al tempo di Augusto, ci riporta la medesima notizia: “…infatti la porpora di Tiro si è dimostrata la migliore di tutte in senso assoluto; i molluschi sono raccolti nei pressi della riva e tutto ciò che è necessario per il procedimento di tintura è facilmente reperibile. Sebbene il gran numero di laboratori di lavorazione della porpora renda la città poco gradevole per viverci, d’altro canto ciò l’ha resa estremamente prospera, grazie alla suprema abilità dei suoi abitanti”.